NATURA E STORIA LUNGO IL SENTIERO MULINO DI PUNTA – COLLE LUNELLA – MONTE COLOMBANO

Il punto di arrivo di questa escursione è stato identificato con la vetta del Monte Colombano (m 1658) (fig. 1)

Fig. 1

ma l'itinerario attraversa località di pari interesse naturalistico e storico, come diversi alpeggi e il Colle della Lunella.
Il Monte Colombano segna il confine tra il comune di Val della Torre e quelli di Varisella e Viù. Con i suoi 1658 metri di altitudine è la più alta vetta del comune di Val della Torre e di tutto il primo contrafforte montano a N-NO di Torino. Questa prima dorsale montuosa, dopo la piana torinese, ha inizio con il Monte Musinè (m 1150) per proseguire con il Mon Curt (m 1325), il Monte Arpone (m 1601), il Monte Colombano (m 1658), il Monte Druina (m 1516) e il Monte Corno (m 1227).
La morfologia della zona non presenta brusche variazioni di pendio e la copertura vegetale, alquanto estesa ma non densa, lascia affiorare con frequenza la roccia. Quest'ultima è essenzialmente una peridotite altamente metamorfosata che spesso presenta una patina d'alterazione di colore rosso-bruno intenso. Tipica di questa roccia è anche la notevole rugosità dovuta alla presenza dei cristalli di pirosseno. Questi pirosseni a cristallizzazione sia monoclina che rombica (fig. 2),

Fig. 2

in seguito a fenomeni erosivi, sono rimasti in rilievo rispetto alla massa della roccia stessa conferendogli la tipica rugosità (struttura a nido d'ape). Le peridotiti sono rocce ignee (magmatiche) intrusive (plutoniche) formatesi in seguito alla solidificazione di magmi in condizioni di alta temperatura (oltre 1500° C) e alta pressione a grande profondità. Esse sono le rocce più basiche tra quelle intrusive, sono cioè povere di silice e ricche di silicati di ferro e magnesio, di ossidi di elementi metallici e di ossidi alcalino-terrosi (fig. 3).

Fig. 3

Contengono olivina, a volte alterata in serpentino. Il colore può variare dal grigio verdognolo sino al quasi nero nelle rocce serpentinizzate. La struttura è massiccia e granulare.
La fauna del luogo è quella tipica di queste altitudini ed è composta da piccoli roditori, mustelidi, rettili, volpi (fig. 4)

Fig. 4

, caprioli (fig. 5),

Fig. 5

poiane e, buon ultimo, da cinghiali che ultimamente hanno accresciuto la loro popolazione sino al punto di creare seri danni all'ambiente.
Sulla vetta del Colombano è stato eretto un vistoso cumulo di pietre che attualmente sorregge una croce metallica. Lo scopo originario di questa costruzione, se così la si può chiamare, è quello di costituire un punto di riferimento per rilevamenti geodetici che consentono di studiare matematicamente la forma e le dimensioni della Terra (fig. 6).

Fig. 6

Tra i molteplici scopi della geodetica ricordiamo la riproduzione cartografica della superficie oggetto del rilievo. A tale scopo, negli anni passati, si usavano metodi di rilevamento sul terreno principalmente ottici che necessitavano di punti ben visibili per poter effettuare misurazioni utili alle triangolazioni, cioè alla realizzazione di una rete di punti trigonometrici che costituiscono i vertici di tanti triangoli immaginari ricoprenti un'intera regione. Ora le tecniche di rilevamento si sono notevolmente affinate e si basano su sistemi satellitari come quello americano detto NAVSTAR (più conosciuto come GPS, Global Positioning System). Questo sistema si basa sull'utilizzo di 18 satelliti su 6 orbite.
Il percorso di salita segue per un primo tratto il sentiero segnalato con 002. Dalla località Mulino di Punta (m 547) si giunge alle sorgenti di Fontanabruna (m 920) site poco sopra Case Fontanabruna (m 841). Qui, una rigogliosa pineta e alcune pietraie fanno da corona alla sorgente da cui sgorga copiosamente acqua fresca e cristallina utilizzata per l'acquedotto locale (fig. 7).

Fig. 7

Poco oltre, dopo circa un'ora e 20 minuti di cammino oltrepassato il vallone del torrente Magnacrosta, si lascia il sentiero 002 per proseguire, a destra salendo, con il sentiero 003. Questo tracciato presenta numerosi tornanti (c'è chi li ha contati e dice che siano 21) e tocca l'Alpe della Lunella Nuova (m 1380) i cui caseggiati furono usati come stalla sino agli anni '60 del XX° secolo. Un altro breve tratto in leggera discesa conduce all'Alpe della Lunella Vecchia (m 1350), ubicata proprio sotto il Colle della Lunella (fig. 8).

Fig. 8

Le costruzioni di quest'alpeggio furono erette nel XIX° secolo e utilizzate, sino agli anni '60 del XX°, come ricovero e stalla, durante la bella stagione, dai montanari valtorresi. Ancora 24 metri di dislivello ed eccoci sul Colle della Lunella (m 1374) (fig. 9)

Fig. 9

dopo circa 3 ore di cammino tra boschi, pietraie e radure alpine. Il panorama dall'ampio colle spazia su tutta la conca valtorrese per giungere sino alle valli cuneesi evidenziate dall'inconfondibile sagoma del Mon Viso. Il versante opposto si apre sul sottostante territorio di Col San Giovanni nella Val di Viù. Per inciso segnaliamo a chi avesse intenzione di proseguire per Col San Giovanni che il sentiero che dal Colle della Lunella conduce a Col San Giovanni si snoda, per circa 3 ore, lungo il seguente traccito: fraz. San Vito (m 1220), fraz. Morinera (m 1225), fraz. Benna (m 803), fraz. Ricchiaglio (m 736), fraz. Belvarde (m 872), Col San Giovanni (m 1116).
Ma torniamo al nostro itinerario.
Il percorso sinora effettuato ricalca una delle più importanti vie di comunicazione tra le Valli di Lanzo e Val della Torre, nonchè verso i centri urbani di maggiori dimensioni localizzati in fondovalle, come apprendiamo dagli scritti dei fratelli Giovanni e Pasquale Milone (“Notizie delle Valli di Lanzo” edito originariamente dalla Tip. Palatina di G. Bonis, Rossi & C., Via Giulio 20 ang. Via Consolata, Torino 1911 e ristampato da A. Viglongo & C. Editori, via Genova 266, Torino 1975). Dal volume citato riportiamo testualmente:
Valichi tra le nostre Vallate. – […] Gli abitanti di alcune borgate di Col S. Giovanni, nella bella stagione, si recano settimanalmente per la vendita o per l'acquisto di derrate nel mandamento di Pianezza o nella Valle di Susa. Anche gli abitanti di Viù, di Lemie e di Usseglio si recano in tal Vallata, specialmente in occasione di fiere, attraversando la montagna [ovviamente dal colle Lunella o Portìa].
Valichi principali tra la Valle di Viù e quella di Susa. – Da Viù e Col S. Giovanni a Val della Torre, per il colle di Lunella (1320) o per quello della Portia.
Nel marzo del 1909 certo Giovanni Savarino di Ricchiaglio, comune di Col S. Giovanni, sfidando la bufera di neve, che furiosa imperversava, e le tenebre delle notte, volle, con altri suoi tre conterranei, attraversare il colle di Lunella per ritornare in famiglia. Con grande fatica aveva raggiunto il colle, e già discendeva verso Ricchiaglio, allorchè si sentì mancare le forze per proseguire. I compagni dovettero con dolore desistere dal tentativo di portarlo con loro, poichè oltremodo difficile era il cammino nello strato di neve che si faceva sempre più alto, e sotto il flagello del turbine spaventevole e soffocante. Stimarono miglior partito scendere al sottostante villaggio a chieder soccorso e ritornare con la maggior sollecitudine possibile sui loro passi, accompagnati da parecchi volenterosi; ma per ben dieci giorni riuscirono inutili le più diligenti ricerche. Il povero Savarino era stato coperto da molta neve, sotto la quale aveva esalato l'ultimo respiro!
Da come si può chiaramente desumere il transito sul Colle della Lunella doveva essere alquanto sostenuto, perlomeno quanto quello sul limitrofo Colle della Portìa, poichè entrambi conducono al menzionato “mandamento di Pianezza” attraversando longitudinalmente la nostra valle.
Lo stesso racconto della disgrazia occorsa al povero Savarino rafforza la deduzione sopra scritta. Anche se non è specificato il motivo del viaggio intrapreso dallo sventurato, tutto lascia supporre che tale motivo sia stato importante e che il gruppo dei 4 viandanti abbia scelto il tragitto più facile e veloce per raggiungere le proprie case.
Quindi un tragitto facile dove ci si incammina per importanti motivi deve, per forza di cose, essere molto frequentato.
Lasciamo ora la via principale, che scende in Val di Viù, e proseguiamo sul sentiero che s'inerpica sulla cresta spartiacque alla nostra destra salendo. Alle nostre spalle abbiamo ora Il Pilone (m 1470), che separa il colle da quello della Portia (m 1328). Come tutti i sentieri in cresta anche questo offre notevoli scorci panoramici e, in circa 45 minuti, ci porta in vetta al Monte Colombano (m 1658). Dalla sommità la visuale spazia per 360° e, condizioni meteo permettendo, ci ripaga della fatica sofferta.
Il tragitto totale ci ha fatto superare 1100 metri di dislivello in un tempo di salita pari a circa 3 ore e 45 minuti.
Per chi volesse camminare un po' meno è possibile raggiungere in auto la borgata Ciaine (m 672) e percorrere un tratto del sentiero che costeggia il torrente Magnacrosta sulla destra orografica. Svoltare quindi a destra sul sentiero 010 e raggiungere il sentiero 002 poco oltre Case Fontanabruna. Rammento però a queste persone che soltanto qualche decennio fa gli escursionisti torinesi raggiungevano Mulino di Punta in bicicletta, salivano al Colombano, discendevano e ritornavano a casa con lo stesso mezzo, cioè la bicicletta!!!.

Giovanni Visetti

3 commenti
  1. bruno
    bruno dice:

    Qui i commenti ad ogni articolo pubblicato diventano difficili perchè risultano essere tutti di notevole bellezza e curiosità. Quindi che dire anzi ridire un GRANDE GRAZIE a Visetti per tutto quanto.

    Rispondi
  2. Cesare
    Cesare dice:

    Ciao Gianni leggo solo adesso la descrizione della salita al Colombano, molto bella, belle anche le foto che l’accompagnano, bravo come sempre buona serata.

    Rispondi

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