IL CINGHIALE

IL CINGHIALE
Scheda tassonomica

Phylum Cordati
Subphylum Craniali
Classe Mammiferi
Sottoclasse Placentati
Ordine Ungulati (1)
Sottordine Artiodattili (2)
Famiglia Suidi
Genere Sus
Specie scrofa

(1) Gli Ungulati camminano sulla punta delle dita degli arti, le cui estremità sono ricoperte di formazioni cornee
dette zoccoli.
(2) Alcuni autori recenti considerano il sottordine Artiodattili come un ordine a se stante. Gli Artiodattili hanno
ben sviluppati il terzo ed il quarto dito che sono provvisti di un doppio zoccolo atto ad agevolare la presa su
terreni rocciosi.

Generalità

Mammifero ungulato di grandi dimensioni diffuso in Europa, Asia e Africa nord occidentale; il cinghiale (Sus scrofa) è tipico abitatore delle foreste di latifoglie dove possibilmente vi siano nelle vicinanze laghetti o acquitrini in cui esso possa rotolarsi nel fango. Questa operazione ha la duplice funzione di allontanare i parassiti epidermici e di rinfrescare l'animale.
Il cinghiale può essere considerato a ragione, l'antenato del nostro maiale domestico, da cui si differenzia esteriormente per le zampe anteriori ed il torace molto più robusti e sviluppati, per il pelo setoloso e lungo, e anche per la coda corta, priva di riccio e portata distesa (fig. 1).

Fig. 1
Il corpo del cinghiale, tozzo e compresso lateralmente, è munito di una pelle resistente e spessa che è ricoperta da una lanugine bruna e da lunghe setole. La pelliccia del cinghiale è ispida ed il colore può variare dal grigio-rossiccio al bruno- nerastro. Sul dorso essa si allunga a formare una sorta di criniera che caratterizza gli adulti della specie (fig. 2).

Fig. 2

I piccoli del cinghiale, con pochi mesi di vita, presentano una colorazione rossiccia con striature longitudinali più chiare (fig. 3).

Fig. 3
Sulla testa del cinghiale, grande e robusta, si notano gli occhi piccoli e poco appariscenti che non sono in grado di consentire all'animale una vista ben sviluppata soprattutto nelle ore diurne (fig. 4).

Fig. 4
Il cinghiale possiede un grugno mobile e calloso terminante con un'espansione discoidale che lo aiuta nella ricerca del cibo (fig. 5),

Fig. 5

orecchie erette e coda sottile. La dentatura è composta da 44 denti (fig. 6)

Fig. 6

e, nei maschi adulti, i canini di sezione triangolare, sporgono ai alti del muso come zanne (fig. 7).

Fig. 7

L'uso delle zanne è principalmente orientato verso la difesa, Esse costituiscono una temibile arma poichè l'animale, con un colpo dal basso verso l'alto, può sventrare l'avversario o lasciare una ferita di difficile rimarginazione, vista la forma triangolare di questi denti.
Rimembranze scolastiche portano alla memoria la vicenda narrata da Omero nell'Odissea (versi 480-585) dove si descrive come Ulisse fu ferito sul monte Parnaso, durante una battuta di caccia con i figli dell'avo materno Autolico, da un cinghiale sbucato improvvisamente da un cespuglio. L'animale azzannò Ulisse alla coscia e lasciò la cicatrice, “dal bianco dente d'un cinghiale impressa”, che permetterà alla nutrice Euriclèa di riconoscere l'eroe omerico al ritorno in Itaca.
Ma torniamo ai nostri cinghiali in carne ed ossa.
I maschi del cinghiale della sottospecie centro europea, attualmente adattati ai nostri ambienti, possono raggiungere un peso di 180 Kg. e un'altezza che si aggira attorno al metro, metro e mezzo (fig. 8).

Fig. 8
L'alimentazione del cinghiale è tipicamente onnivora e può comprendere frutti, felci, uova, uccelli, rettili, anfibi, pesci, roditori, carogne di mammiferi e quant'altro può razziare nelle coltivazioni.
Danni arrecati alla vegetazione

I cinghiali stanno creando preoccupazione per i danni arrecati alla vegetazione spontanea e coltivata. L'acuirsi di queste problematiche è coinciso con l'introduzione della sottospecie centro europea che presenta individui più grandi ed esigenti di quelli della sottospecie maremmana o mediterranea.
Le zone a vegetazione spontanea vengono grufolate dai cinghiali in cerca di radici o di piccoli animali. Questa attività lascia il terreno solcato in modo non profondo ma esteso e provoca la morte del manto erboso le cui radici si disseccano esposte all'aria (fig. 9).

Fig. 9

Lo scavo sistematico di zone estese provoca il diffondersi di piante infestanti che, approfittando della crisi del manto erboso, colonizzano il terreno esautorando le essenze prative.
I danni alle colture sono rilevanti ed il costo degli indennizzi grava sul bilancio pubblico senza soddisfare chi ha subito il danno.
Negli appezzamenti di terreno adibiti a fienagione, lo scavo da parte dei cinghiali, impedisce, o rende problematico, l'uso della motofalciatrice poichè la lama della stessa urta il terreno rovesciato danneggiandosi.
I terreni coltivati vengono saccheggiati dai cinghiali arrecando seri danni ai contadini. I campi di cereali (grano, avena, ecc.) vengono danneggiati, oltre che dal prelievo, anche dalla rottura delle piante causata dall'animale con la parte mobile del muso detta grifo.
Una vera ghiottoneria per il cinghiale è il grano turco (mais) i cui campi sono devastati dall'irruenza degli animali che, con furbizia, razziano seguendo i solchi tra una fila e l'altra di piante seminate.
Tipica coltura montana è la patata e, manco a dirlo, anch'essa è fatta segno delle attenzioni del cinghiale. Scavando con il muso l'animale dissotterra i tuberi di cui si nutre e lascia scoperta una certa quantità di patate che, esposte alla luce, restano danneggiate perdendo ogni valore commerciale.
Per alcuni montanari la raccolta delle castagne è una fonte di reddito utile e non indifferente, quindi, il prelievo da parte dei cinghiali di una frazione considerevole del raccolto, arreca un danno economico alle piccole strutture agricole montane che, sommato alla raccolta indiscriminata svolta dai turisti (se così si possono chiamare!), vanifica un'intera annata di raccolta.
Ai danni sopra scritti bisogna aggiungerne altri di carattere indiretto, come l'abitudine dei cinghiali di rotolarsi al suolo ed il calpestio. Questi comportamenti non sono meno dannosi del prelievo diretto di cibo, in quanto compromettono seriamente la produttività del terreno.
Come difesa indiretta dalle razzie dei cinghiali vengono usati, in alcuni appezzamenti di terreno, dei cannoncini ad aria compressa che, a distanza di alcuni minuti, provocano un violento scoppio causato dalla veloce apertura della camera contenente il gas compresso. Il boato, simile ad uno sparo, spaventa gli animali del circondario sino a quando essi stessi si abituano alla ciclicità degli spari come se fossero un evento normale per quella zona.
Diffusione di malattie

I cinghiali, specie se in soprannumero rispetto al territorio, possono essere vettori di malattie come la tubercolosi bovina e l'afta epizootica.
La tubercolosi è un'infezione cronica, provocata da Mycrobacterium tuberculosis detto anche bacillo di Koch, che colpisce qualsiasi organo del corpo con particolare predilezione per i polmoni.
Oltre ai polmoni vengono colpiti dalla tubercolosi anche l'intestino, gli apparati urinario e genitale, il pericardio e i linfonodi. La diffusione del contagio tra i bovini è alquanto rapida e colpisce prevalentemente l'apparato polmonare, le ghiandole mammarie, l'intestino e l'apparato genitale.
La diagnosi è accertata tramite la tubercolina e la profilassi consiste in provvedimenti igienico-sanitari di polizia veterinaria.
L'afta epizootica, volgarmente detta Taglione, è una malattia contagiosa e acuta di origine virale che si manifesta con febbre saltuaria ed eruzione vescicolare. Essa colpisce i ruminanti, i suini e molto raramente gatti e cani. In via del tutto eccezionale l'uomo può essere contaminato per ingestione di latte crudo infetto o per contatto con animali ammalati. Le vescicole, dette afte, sono localizzate sulla mucosa della bocca, sulle mammelle e negli spazi tra le unghie. Gli animali colpiti dall'afta vengono alimentati con cibi appetibili e digeribili. Periodicamente devono essere disinfettati ai piedi e alle mammelle dove le vescicole producono delle ulcerazioni.
Queste malattie hanno una seria rilevanza nell'ambito degli allevamenti zootecnici e possono causare notevoli danni economici agli allevatori. E' bene quindi provvedere alla vaccinazione dei capi allevati (metodo Waldmann) e mantenere una corretta igiene onde evitare il contagio.
Controllo della popolazione

La popolazione di cinghiali in Piemonte era giunta quasi all'estinzione prima del 1945 circa ma, da allora, essa è cresciuta a dismisura. Fattore favorevole allo sviluppo di questa specie animale, è stato il progressivo abbandono della montagna da parte dell'uomo che ha consentito l'estensione degli ambienti adatti al cinghiale.
Il ragguardevole aumento della popolazione di cinghiali, avvenuto negli ultimi anni, è spiegato, dai protezionisti e dai cacciatori, in maniere differenti. I primi accusano i secondi d'aver introdotto, per scopi venatori, la sottospecie centro europea che, soppiantando la sottospecie maremmana autoctona, si è diffusa sproporzionatamente. I cacciatori contestano l'inadeguato tetto di abbattimenti concesso dalla legge, anche alla luce dell'assenza di predatori (lupo, lince, orso) che dovrebbero essere sostituiti dall'uomo per il controllo e la selezione della popolazione. Bisogna anche tener presente che la predazione dei piccoli, da parte di grossi rapaci, volpi e martore, è rara e occasionale poichè gli adulti difendono ferocemente la prole.
Entrambe le ipotesi possono essere considerate valide ma, mentre la prima prende atto di un fatto compiuto e propone come soluzione il reintegro delle specie predatrici del cinghiale, la seconda sostituisce ai predatori naturali l'uomo. Fatto sta che in un modo o nell'altro bisognerebbe regolarizzare il numero di cinghiali presenti sul territorio onde evitare danni alle colture e al patrimonio forestale.
E' evidente che l'introduzione dei predatori scomparsi richiede tempi più lunghi che non il prelievo venatorio ed è quindi possibile e utile un connubio delle due attività. L'urgenza della difesa delle colture agricole giustifica un prelievo venatorio razionale e mirato ai capi vecchi o malati, mentre una politica di allocazione dei predatori può conferire, nel tempo, una stabilizzazione della popolazione dei cinghiali.
La presenza di un predatore come il lupo è stata segnalata a Val della Torre sino intorno agli anni venti; mentre precedentemente, cioè circa due secoli fa, sulle nostre montagne viveva l'orso. Queste due specie, ormai sparite dai monti piemontesi, contribuivano in maniera rilevante al controllo della colonia di cinghiali predando capi per il loro fabbisogno alimentare.
Giovanni Visetti

4 commenti
  1. bruno
    bruno dice:

    Come sempre un dettagliato articolo sul yema proposto da parte di Visetti.
    Bello saperne di più sull’animale che interessa e da il nome alla sagra di Val Della Torre.

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  2. anna
    anna dice:

    Interessante articolo di Visetti studioso/conoscitore del nostro territorio. Sempre in tema di territorio, molto apprezzata l’esposizione nella Torre, in occasione della Sagra. Visitata da tante persone e valorizzata dal lavoro di Giovanni, che ringrazio.

    Rispondi

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